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Generale

La Psicologia è una scienza naturale

La psicologia è una scienza naturale.
La psicologia non è una scienza umana.
La psicologia studia come funzionale la mente.
La mente è ciò che il cervello fa.

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La psicologia è una scienza naturale: a tutti gli effetti.

Ogni tanto è giusto condividere i fondamenti o fare un ripasso.

Anche se non sempre, ancora troppo spesso, mi capita di sentire o di leggere che la psicologia è una scienza umana: niente di più sbagliato e fuorviante.

Ad esempio, non dimentico quando aprivo qualche menù a tendina di un sito X per indicare il titolo di studio e la psicologia si trovava sotto la categoria scienze umane.

Tradizionalmente intendiamo come scienze naturali la fisica, la chimica e la biologia. Potremmo considerare queste tre discipline tutte scienze fisiche anche se ognuna si concentra su qualcosa di specifico. A loro supporto interviene la matematica.

La matematica non è una scienza. Matematica significa proprio “scienza”. Mi sembra in Greco.

La statistica è il metodo matematico principale a supporto del procedimento scientifico ma questo è un discorso a parte.

Stavolta vorrei semplicemente capire perché la psicologia è una scienza naturale a tutti gli effetti, ma solo se ti va.

In ordine, o meglio, con l’ordine che ho pensato.

Le scienze naturali studiano come sono fatte le cose e come funzionano.

Le scienze umane studiano le cose come ci piacerebbero, come ci piacerebbe che fossero, come decidiamo che dovrebbero essere e come potrebbero essere ma non necessariamente sono.

Per metterci d’accordo:

  • le scienze naturali studiano le cose nella loro struttura e nelle loro funzioni;
  • Le scienze umane studiano le cose partendo non da come si presentano ma da come le pensiamo.

Per questo motivo, ragionevolmente inseriamo la biologia, la fisica e la chimica tra le scienze naturali.

Le cose che studiano queste scienze esistono e basta. Le persone successivamente cercano di capire, approfondendo sempre di più, come queste cose sono fatte e come funzionano.

Spesso ogni ragionamento scientifico parte dalla nostra fantasia e chiamiamo questo processo mentale teologia o filosofia. Ad un certo punto, non è raro che capiamo e decidiamo che qualcosa che parte dalla nostra fantasia merita un approfondimento “scientifico” e decidiamo di approfondirne la conoscenza con un metodo severo e rigoroso per tenerci le verità probabili e buttiamo nella spazzatura le quasi verità o le totali fesserie.

Ad esempio, l’astrologia nasce come filosofia e quando ad un certo punto, alcune conoscenze astrologiche sono diventante solide, abbiamo cominciato a chiamarle astronomia. Esattamente come è avvenuto per l’alchimia che è diventata chimica e farmacologia.

La biologia studia come sono fatti gli organismi viventi e come gli organismi viventi funzionano. Quando la biologia si è evoluta così tanto da dover studiare ogni singolo organo ha fondato molteplici sotto discipline, come ad esempio la genetica.

La biologia, come sappiamo, studia anche il cervello ed il sistema nervoso degli esseri viventi. Come è fatto e come funziona. Ad un certo punto gli studi erano così complessi e diversificati che qualcuno doveva occuparsi non solo di capire com’è fatto il cervello e come funziona ma anche delle sue singoli funzioni e di come funzionano. Nasce pertanto la psicologia scientifica. La psicologia studia la mente delle persone.

La mente è ciò che il cervello fa

Le funzioni della mente le conosciamo praticamente tutti e sono i presupposti fondanti degli approfondimenti psicologici: la percezione, l’attenzione, la memoria, la coscienza, il pensiero, l’emotività, ecc.…

Tutte queste sono funzioni della mente o della psiche. I due termini sono oggi intercambiabili.  Le funzioni psicologiche che ho elencato servono a fare comportare le persone; anzi più che fare comportare le persone, già queste funzioni sono veri e propri comportamenti.

Accettiamo definitivamente che la psicologia è semplicemente la scienza che studia il comportamento degli Umani, esattamente come l’etologia studia il comportamento degli animali.

Gli Psicologi, quindi, non sono santoni, ne preti mancati, ne persone per bene per il semplice fatto che sono psicologi.

Ogni scienza produce conoscenza e la conoscenza può essere usata bene o male, per fare del bene o per fare del male.

Trascuriamo che si diventa psicologi perché: “io voglio aiutare le persone perché gli voglio bene”. In tutti i lavori se vogliamo essere pagati si aiutano le persone. Anche un idraulico aiuta le persone.

Comunque, quando qualcuno vuole raccontarci o farci credere che la psicologia non è una vera scienza, sta dicendo una grossa fesseria.

È vero che molti approcci alla psicologia non hanno raggiunto conclusioni scientificamente valide ed attendibili e sono pertanto diventate pseudo scienze all’interno della psicologia scientifica.

Ad esempio:

  • La PNL (programmazione neuro linguistica) per approfondire basta leggere qualche articolo sul sito del CICAP (link in basso)
  • Il Lacanismo, per approfondire, sempre in fondo ti suggerisco di leggere un articolo di STATE OF MIND, uno dei siti di settore più autorevoli;
  • La psicologia da bancarella.

Se non sai cos’è il CICAP, è il Comitato Italiano per il Controllo delle Affermazioni sulle Pseudoscienze.

Ad un certo punto, la fregatura nasce quando alcune persone dicono di “non credere” alla psicologia.

Purtroppo la psicologia non è una fede, non è una religione che funziona solo per chi ci crede.

La psicologia È!

Ogni scienza, pertanto può servire le necessità umane attraverso l’applicazione delle sue scoperte, strutturandole ed elaborando delle tecniche di intervento e dei modelli operativi.

Se ancora non sei convinto ti rimando a quello che ha detto Stephen Hawking sulla psicologia.

“Anche se abbiamo l’impressione di poter scegliere che cosa fare, ciò che sappiamo della base molecolare della biologia indica che i processi biologici sono governati dalle leggi della fisica e della chimica e pertanto sono determinati come le orbite dei pianeti. Recenti esperimenti nel campo delle neuroscienze corroborano l’idea che sia il nostro cervello fisico a determinare, seguendo leggi scientifiche note, le nostre azioni e non un qualche agente che opera al di fuori di tali leggi. E’ difficile immaginare come possa operare il libero arbitrio se il nostro comportamento è determinato dalla legge fisica, e così non sembra che non siamo nient’altro che macchine biologiche e che il libero arbitrio sia soltanto un’illusione. Pur ammettendo che il comportamento umano sia effettivamente determinato dalle leggi di natura, sembra ragionevole anche concludere che l’esito è determinato in modo così complicato e in base a variabili talmente numerose da rendere in pratica impossibile predirlo. Per farlo sarebbe necessario conoscere lo stato iniziale di ciascuno dei trilioni di trilioni di molecole presenti nel corpo umano e risolvere un numero all’incirca uguale di equazioni. Ci vorrebbero miliardi di anni.

Essendo così poco pratico servirsi delle leggi fisiche per predire il comportamento umano, adottiamo quella che viene chiamata una teoria efficace.

In fisica una teoria efficace è una struttura creata per produrre un modello di certi fenomeni osservati senza descrivere tutti i particolari dei fenomeni sottostanti. Per esempio, non possiamo risolvere in modo esatto le equazioni che governano le interazioni gravitazionali di ciascun atomo del corpo umano di una persona con ciascun atomo della terra. Ma a tutti i fini pratici la forza gravitazionale agente tra una persona e la terra può essere descritta in termini di un numero ristretto di variabili come la massa totale della persona. Analogamente, non siamo in grado di risolvere le equazioni che governano il comportamento di atomi e molecole complessi, ma abbiamo messo a punto una teoria efficace chiamata chimica.

Nel caso delle persone, dal momento che non possiamo risolvere le equazioni che determinano il nostro comportamento, ricorriamo alla teoria efficace secondo la quale siamo dotati di libero arbitrio. Lo studio della nostra volontà, e del comportamento che ne deriva, costituisce la scienza della psicologia”.

L’applicazione della psicologia ha vari nomi e varie finalità. Può andare dalla consulenza più semplice per favorire processi di autoconsapevolezza, alle tecniche psicoterapeutiche per un cambiamento comportamentale più complesso.

Non bisogna inoltre trascurare le applicazioni in ambito sociale e lavorativo per assecondare vari scopi e varie necessità. In questi casi è prevalente lo studio del comportamento individuale in interazione col contesto.

Adesso sembra andare di moda il mental coaching, purtroppo quello che grossolanamente viene chiamato coaching o counselling è in gran parte derivato dalla PNL.

La PNL non esiste. Esattamente come non esiste l’omeopatia.

 Mi dispiace. Fattene una ragione. Considera che la PNL affermava che potevi curare la miopia se ti concentravi abbastanza bene e ti dicevi: “CI VEDI BENE. CI VENDI BENE”.

Come ogni scienza, inoltre, anche la psicologia progredisce e progredisce più velocemente di quanto potresti credere. Soprattutto in Inghilterra e negli Stati Uniti e di conseguenza cambiano e si innovano anche le sue applicazioni.

Gli psicologi professionisti necessitano di formazione continua per garantire risultati che assecondino gli standard migliori.

Ci sono psicologi che lavorano con modelli obsoleti o filosofeggianti? Sicuramente si. Esattamente come ci sono medici che lavorano come si faceva 50 anni fa o che promuovono la medicina cinese.

Ma questo non significa che la medicina non sia biologia applicata alla cura del corpo umano. La medicina rimane tale anche se alcuni medici sono pseudo medici, esattamente come la psicologia rimane tale anche se alcuni psicologi sono pseudo psicologi o addirittura persone che giocano a fare gli psicologi esercitando abusivamente la professione.

Se ti va di approfondire questi temi, basta leggere qualche libro di “psicologia evoluzionistica”.

PER APPROFONDIRE:

Cos’è la PNL dal sito del CICAP

Lacan e il Lacanesimo dal sito State Of Mind

Psicologo sociale e del lavoro, specialista in psicoterapia cognitiva e comportamentale. Si definisce uno "Psicologo Seriale".

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La psicoterapia cognitiva comportamentale non cura “solo il sintomo”

la psicoterapia cognitivo comportamentale non cura solo il sintomo. Questo pregiudizio nasce in contrapposizione agli altri modelli che…

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La terapia cognitiva comportamentale cura solo il sintomo?

Che vuol dire curare il sintomo?

L’altra volta un mio amico mi ha detto: “Sto cercando uno psicologo però non vorrei andare da un cognitivo comportamentale perché non ho un disturbo specifico, quindi non ho sintomi da curare. Mi piacerebbe di più parlare”.

Qualcosa di simile, il senso era questo.

Ma parlare di cosa del senso della vita? Dell’origine dell’universo?

Non credo.

Chi va dallo psicologo vuole risolvere il proprio disagio emotivo.

Se mi fa male una gamba e vado dal dottore, mica gli dico: “guarda, della gamba non mi interessa poi così tanto. Vorrei parlare dei sacramenti. Tu che ne pensi”.

Quindi,

 dallo psicologo ci vanno le persone che vivono un disagio emotivo più o meno complesso, più o meno intenso e più o meno prolungato nel tempo.

Sulla psicologia e sugli psicologi ci sono tanti pregiudizi e tanti stereotipi, questo è uno dei tanti ed in particolare si rivolge agli psicologi psicoterapeuti specialisti in terapia cognitiva comportamentale.

Vorrei approfittarne per chiarire alcune cose.

La terapia cognitiva comportamentale non cura i sintomi ma la persona nella sua totalità.

La credenza che la psicoterapia cognitiva comportamentale si concentrasse eccessivamente nella cura del “sintomo” si è diffusa in contrapposizione alle cosiddette terapie del profondo, tipo la psicanalisi.

Ci sono stati anni in cui i modelli psicoterapeutici erano in forte contrasto ed anche in competizione tra loro.

Tra le fazioni i cognitivisti accusavano gli psicoanalisti di perdersi in chiacchiere con la scusa di fare terapie inconcludenti che duravano secoli ma che loro definivano necessarie per curare davvero la persona in tutta la sua complessità e profondità;

e gli psicoanalisti accusavano i cognitivisti o comportamentisti di fare terapie eccessivamente concentrate sui sintomi che funzionavano all’inizio ma che poi alla lunga la malattia sarebbe ricomparsa.

Da parte mia posso dire e confermare che il fatto che la terapia cognitiva comportamentale si preoccupa di curare solo il sintomo è assolutamente falso, oltre che farlo sarebbe inutile.

Credo che tutti i modelli psicoterapeutici ormai si approccino alla persona in quanto tale.

il “sintomo”, rappresenta il problema attivo presentato dal cliente paziente ed esprime la difficoltà, la criticità che si vorrebbe approfondire e risolvere.

Per esempio, non serve che la persona dica: “sono depresso e penso di volermi suicidare tanto tutto è inutile”, per identificare 2 sintomi: Umore basso e assenza di speranza. Il solo fatto di dire: “sono insoddisfatto, penso che mi manchi qualcosa ma non so esattamente cosa”, frase che ogni tanto potremmo pensare e dire tutti” è di per sé sintomatica perché esprime un disagio emotivo. Un disagio emotivo che può essere semplice e lineare o complesso e strutturato ed è da queste prime dichiarazioni che bisogna approfondirne origine e complessità.

Quello che dico sempre è: “cominciamo a raccontarci le cose più facili ed ovvie e poi se non dovesse bastare, approfondiremo senza cadere in facili e magiche interpretazioni.

Esattamente come ispira il principio del rasoio di Occam che alla fine è il principio che orienta la scienza.

Ne hai mai sentito parlare? Te lo racconto brevemente. Ce ne sono mille versioni ma sinteticamente la storia è questa: una volta un signore ha trovato un oggetto dalla forma strana durante degli scavi archeologici  e allora tutti gli archeologici, storici e filosofi del mondo si sono riuniti per capire cos’era. Qualcuno diceva è uno strumento di misurazione del tempo, qualcun altro addirittura diceva che serviva ad aprire un portale extra dimensionale per gli alieni. Alla fine, ad un certo punto uno dice: “Signori, è un rasoio. Rilassatevi. Questa pietra prima era affilata e la usavano per farsi la barba”.

Posso confermare che “il profondo” se necessario, è approfondito pure dai comportamentisti, nel momento in cui fanno un’analisi e una valutazione delle esperienze di vita precoci che se particolarmente spiacevoli, hanno potuto predisporre, determinare e condizionare negativamente la crescita della persona.

In ogni caso,

smettiamola di cadere nel tranello fomentato ultimamente pure dai vari counselor e coach che dicono che dallo psicologo ci vanno quelli che hanno un disturbo psicologico preciso mentre da loro ci vanno quelli che vogliono parlare di come diventare campioni ricchi e forti.

 A parte che non sarebbero capaci di riconoscere chi ha un disturbo psichiatrico da chi non ce l’ha, queste persone giocano a fare gli psicologi esercitando abusivamente la professione.

Ma va bene così, andiamo dove vogliamo. Sono secoli che nella maggior parte dei casi basta andare dal prete o nei casi peggiori dal barbiere.

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Cos’è la personalità e come funziona

Cosa sono di disturbi di personalità? Quando una personalità è disturbata?

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La differenza tra personalità equilibrata e disturbata

Parliamo di cose serie e forse un po’ difficili.

Ci racconteremo come funziona la tua personalità. Ti do subito una brutta notizia: non assomigli ne ad un cavallo, ne ad una tigre, ne ad una farfalla.

La bella notizia è che a prescindere da quello che ti hanno raccontato o che hai creduto fino ad oggi: una personalità ce l’hai; è impossibile non averne.

è impossibile non avere una Personalità

L’unica certezza è che puoi avere una personalità più o meno equilibrata o più o meno disturbata.

Sintesi velocissima:

La psicologia è la scienza che studia i comportamenti degli esseri umani. Esattamente come gli etologi studiano il comportamento degli animali. Fare l’etologo è più facile solo perché gli animali non si sopravvalutano e non pensano di essere importanti.

Alcuni comportamenti sono direttamente osservabili dagli altri, cioè quello che le persone fanno; e altri non sono direttamente osservabili dagli altri: quello che le persone pensano e provano emotivamente.

La nostra personalità è il modo abituale che adottiamo per fare esperienza: come ci comportiamo, come pensiamo, che tipo di emozioni tendiamo a provare prevalentemente.

In poche parole, è impossibile non avere una personalità. Dire: “quella persona non ha personalità non significa niente”.

Andiamo con ordine:

da cosa è formata la personalità?

La personalità è formata dai nostri tratti, dal nostro temperamento e dal nostro carattere.

A livello scientifico, si è concordi nell’affermare che i tratti sono biologicamente determinati ed ereditabili esattamente come il colore dei nostri capelli.

“tutte sciocchezze, Io sono del Saggittario”.  

I tratti dovrebbero essere le parti più semplici della nostra personalità e sono molto pochi: l’introversione, l’estroversione, la stabilità emotiva, l’apertura mentale, la dinamicità e qualche altro.

Il temperamento si forma mettendo insieme più tratti ed il carattere e il risultato del temperamento in interazione con l’ambiente. Non mi ricordo se in latino o in greco, temperare significa appunto mescolare. Come i colori a tempera che possono essere facilmente mescolati per creare colori diversi.

Ad esempio,  una persona tendenzialmente introversa ed emotivamente instabile potrebbe avere un temperamento evitante e pertanto facendo continue esperienze punitive potrebbe strutturare un carattere diffidente e restio alle nuove esperienze in modo da tutelare il proprio equilibrio emotivo.

Ognuno di noi pertanto rimodula, quando è opportuno, il proprio carattere sulla base delle esperienze di vita. Questa cosa qui invece non avviene, o avviene male, a fronte di gravi disturbi della personalità. In poche parole una personalità “disturbata” tende a far fare sempre le stesse cose, anche senza risultati desiderabili, a prescindere dalle interazioni con l’ambiente circostante.

La nostra personalità ha lo scopo di favorire e ottimizzare le nostre esperienze di vita positive assecondando le nostre predisposizioni biologiche.

La stessa personalità, se funziona abbastanza bene, ci migliora la qualità della vita.

Attualmente, studiosi e ricercatori sono pertanto d’accordo e ci dicono di cominciare ad evitare di parlare di personalità attraverso etichettature.

In passato si è abusato di etichette che se da una parte erano utili a condividere concetti tra i professionisti, dall’altra hanno perso di vista l’individualità delle persone trascurando sfumature indispensabili utili a promuoverne il cambiamento. La cosa che stava andando fuori controllo è che molte etichette erano prive di accurato approfondimento scientifico.

Com’è fatta quindi una personalità equilibrata e che funziona abbastanza bene?

Di nuovo, Gli scienziati che approfondiscono queste tematiche sono attualmente d’accordo nell’identificare due dimensioni principali:

  • quella che riguarda il rapporto con sé stessi;
  • quella che riguarda il rapporto con gli altri.

Per quanto riguarda il rapporto con sé stessi, una persona con una personalità equilibrata dovrebbe avere le idee abbastanza chiare circa la propria identità, i propri desideri ed il modo in cui ci si può realizzare in questa vita. Ognuno di noi dovrebbe praticamente sapere chi è, cosa vuole e cosa può fare per ottenerlo. Oltre ad identificare bisogni e desideri; inoltre, dovrebbe avere le idee abbastanza chiare su “come” poter soddisfare le sue esigenze senza compromettere la propria incolumità né quella altrui.

E qui entrano in gioco gli altri. Nel soddisfare i propri scopi, ci si rende conto che esistono anche gli altri? Si comprende che gli altri hanno anche i loro bisogni che possono essere diversi dai propri? Si è capaci di comprendere e accettare gli stati emotivi altrui?

Che tipo di intimità si riesce ad avere nelle relazioni con gli altri? Si è capaci di modulare la distanza relazionale sulla base del ruolo ricoperto e delle aspettative reciproche? Si è capaci di comprendere che ogni relazione è diversa dalle altre? In che modo vengono instaurate nuove relazioni? E per quale motivo? Ecc.….

Ogni volta che la risposta a queste domande produce comportamenti non desiderabili e che compromettono la qualità della vita, possibilmente siamo di fronte a persone con la personalità che non funziona benissimo e per questo motivo qui possiamo descrivere le persone come: antisociali, dipendenti, narcisisti, o in altro modo.

Se hai trovato utile questo contributo, mi farebbe piacere se seguissi la pagina Facebook o se ti iscrivessi al canale YouTube.

Grazie

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Felicità: la vera ricetta

Essere felici è possibile. Scopri le 5 caratteristiche fondamentali delle persone felici approfondite dalla psicologia positiva.

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“la felicità non esiste”

Forse anch’io l’avrò detto troppe volte, prima, non recentemente.

Dire che la felicità non esiste è stupido.  

Proveremo pertanto a descrivere cos’hanno in comune le persone felici e come essere felici pure noi.

È altrettanto inutile dire che ci sono persone felici in quanto tali, esattamente come è riduttivo dire che ci sono persone depresse per il semplice fatto che “gli è venuta la depressione”.

Essere felici significa vivere prevalentemente emozioni positive.

Essere depressi significa vivere prevalentemente emozioni negative.

Le emozioni però non vengono come un raffreddore, sono determinate sia da quello che ci succede e sia da quello che facciamo, da quello che pensiamo di noi stessi e di quello che pensiamo del mondo e degli altri.

Certe volte le persone mi dicono: “la felicità è una cazzata. Nessuno è davvero felice”. Fortunatamente non è vero. Quando, insieme, capiamo che non è vero, all’inizio ci si sente ancora più feriti e falliti ma questo è importante per ritrovare nuovi slanci e nuove motivazioni.

La verità è che è possibile essere felici, ovvero vivere emozioni positive reali e sentimenti di benessere a lungo termine.  

È vero, la felicità non è eterna. Non è uno stato che una volta raggiunto dura per sempre. È davvero più facile essere tristi che essere felici. Per essere tristi basta non fare, per provare gioie invece bisogna fare qualcosa.

Come se non bastasse, a quel qualcosa ci abituiamo e dopo poco, non ci basta più. Subito, dobbiamo fare o avere qualcos’altro.

Ci sono inoltre persone che provano gioia non quando riescono loro in qualcosa, ma quando gli altri falliscono in qualcosa, ma questo l’approfondiremo in un altro contributo, quando parleremo dell’invidia.

Stavolta ci concentreremo su come possiamo essere felici noi, grazie a noi.

Alcuni psicologi dedicano le loro ricerche al le persone felici. Si chiedono, cos’è la felicità? Quando le persone sono felici? Cosa fanno le persone felici? Ecc.…

Il più famoso di tutti è sicuramente Martin Seligman, uno psicologo americano.

Ancora, per molti, nell’immaginario collettivo gli psicologi sono quelli che studiano esclusivamente il malessere e le fonti di malessere.  

La psicologia approfondisce sia il malessere che il benessere. Si interviene sia per fare stare meno male, sia per fare stare bene; e non è la stessa cosa.

Per stare meno male basta guardare la tv o prendere una pillola… ma cosa fanno le persone che stanno bene e vivono condizioni di benessere diffuso?

Come essere felici?

Le ricerche ci dicono che queste persone felici fanno fondamentalmente 5 cose:

La prima è banalissima. Lo sanno tutti.

  • Fare attività piacevoli;

Facile. Non c’è una cosa che vale per tutti. Basta sapere che non posso essere felice se non faccio cose che mi piacciono anche senza motivo e senza valore. A me piace suonare. Quando suono ho gioia. Per te potrebbe essere ballare, truccarti, cantare, abbronzarti, guardare le partite in tv. Insomma qualsiasi cosa. Non lo so. Per questo alcuni lavorano e suggeriscono danza terapia, ippoterapia, pizza terapia, ecc.… In poche parole, è “terapeutico tutto quello che ci piace fare” per il semplice motivo che lo facciamo e mentre lo facciamo. Alcune cose piacciono quasi a tutti.

Questo però non basta. Non possiamo passare la nostra vita a fare cose “effimere”. Non saremmo davvero felici in modo complesso e duraturo ma rincorreremmo sempre la “felicità”.

È quindi importante…

  • Fare attività gratificanti;

Le attività gratificanti sono tutte quelle attività che mentre le facciamo possono pure annoiarci o irritarci: lavorare, andare in palestra, seguire una dieta, cucinare, …, tutte attività che però quando le finiamo ci sentiamo meglio e fieri di noi. La gratificazione è quella sensazione piacevole determinata dalla percezione che i nostri comportamenti stanno andando verso la direzione giusta ed utile.

Queste attività, ad un certo punto, se sovrapponibili alle attività da piacere effimero, possono anche condurci nel cosiddetto stato di “FLOW”, stato in cui siamo talmente assorbiti da non percepire più il tempo che passa. Può succedere che le attività annoianti nella fase iniziale, diventano piacevoli col trascorrere dell’impegno.

È importante sottolineare che le attività da gratificazione non sono più utili delle attività da piacere effimero. Sono utili allo stesso modo.

Dedicandoci esclusivamente alle attività da gratificazione ci mancherebbe quel pezzo di vita caratterizzato da leggerezza,  spensieratezza,  sorriso e semplicità.

A proposito di semplicità, essere persone semplici non è una giustificazione.

Dichiararsi persone semplici è forse troppo spesso una giustificazione morale per la propria pigrizia.

Nell’accezione di semplice si nasconde sempre una velata frustrazione e una condanna “morale” verso le persone che “semplici” non sono.

Personalmente amo la semplicità e ritengo di essere una persona semplice. Sono così semplice che come tutti, solo con questi due tipi di comportamenti mi annoierei.

Per essere felice mi servono anche i comportamenti del terzo tipo:

  • Raggiungere risultati oggettivi;

le persone per costruire la loro felicità hanno bisogno di raggiungere risultati. Finire percorsi di formazione, essere promossi sul lavoro, vincere un premio, finire la dieta, vincere una gara, ecc.…

Queste attività sono fondamentali perché giustificano davvero le nostre frustrazioni ed i nostri sacrifici. È nella natura delle persone.

Ad un certo punto, quando le persone riescono a godere dei loro successi, hanno però bisogno di portare la loro felicità ad un livello più alto. Le sensazioni piacevoli sono come una droga, e quando si entra nel circolo del piacere è un po’ come entrare nel baratro della tristezza prima e della depressione dopo.

Ad un certo punto le persone capiscono quindi che per consolidare la loro felicità, devono:

  • Dare un senso a quello che si fa;

Si può essere il miglior calciatore del mondo, si può vincere la Champions League ed essere super pagati, se però non si dà un nobile senso a quello che si fa, allora ci si potrebbe rattristare e cominciare a chiedersi: “ma tutto questo a che serve”. I

Il modo più semplice e forse più utile per dare senso a quello che facciamo è quello di essere utili agli altri. Per questo ad un certo punto le persone fanno “opere di bene”, beneficienza, volontariato, ecc.…

Non sono le religioni, è scritto nel DNA di tutti gli esseri umani non psicopatici. Per stare davvero bene dobbiamo fare del bene. È più forte di noi. Per questo motivo sentiamo: “Bill Gates va in Africa a costruire di tutto”; “medico super affermato va in Africa a lavorare Gratis”; ecc.…

In ultimo, ma forse il più importante è che la maggior parte delle persone di questo mondo, non possono essere felici se sono sole. La cosa più importante per essere felici è quindi:

  • Stare con gli altri e condividere le proprie gioie.

Ci tengo a precisare che questo contributo non è una sciocchezza.

 Questa estrema sintesi è il risultato di anni di ricerche serie. Possono sembrare banalità e forse per molti banalità lo sono.

Ognuno può costruire la propria felicità con le proprie attività. Non necessariamente dobbiamo essere capaci di cambiare il mondo.  Cambiare il mondo non serve per essere felici e nemmeno diventare ricchi.

Ognuno di noi può fisiologicamente trovare il proprio benessere con le proprie attività e le proprie potenzialità. Stare bene è possibile.

Dire: “la felicità non esiste” è falso e non è neanche più così consolatorio.

Quello che dovremmo tutti noi dirci è: “essere felici è possibile. Ho questa vita. Mi va di provare ad essere felice? Cosa posso fare per esserlo?”.

Alla fine moriremo lo stesso e per come la vedo io, non avremo altre occasioni per esserlo.

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