Connect with us

Psicologia del lavoro

Avere obiettivi intelligenti (SMART)

Obiettivi SMART:
specifici, misurabili, accettati, razionali e con tempi stabiliti. Approfondisci come.

Published

on

Quando apro i social, sembra che il problema di ognuno di noi sia quello di non avere obiettivi. Da quello che predicano i vari guru nelle loro sponsorizzate, se ognuno di noi avesse gli obiettivi giusti sarebbe miliardario, il numero uno, con una macchina top.

Ma vaf******o.

Ho pensato quindi:

“andiamo con ordine e proviamo ad approfondire questa cosa degli obiettivi e di come pianificarli”.

Gli studi sull’importanza degli obiettivi emergono scientificamente quando alcuni miei colleghi come McClelland, Locke e Latham, cercano di capire in che modo il comportamento delle persone può essere influenzato da variabili esterne per migliorarne la prestazione.

Teniamo a mente sempre che la psicologia studia il comportamento delle persone e come il comportamento può essere influenzato e modificato.

Detto questo, alcuni psicologi si chiedono:

“in che modo le persone possono fare di più e meglio?”.

Facile, CON GLI OBIETTIVI.

Ma tutti gli obiettivi sono uguali? No. Come devono essere questi obiettivi per essere utili? Come devono essere pianificati per influenzare il comportamento verso la direzione desiderata?

I risultati di queste teorizzazioni sono stati successivamente tradotti nei contesti di vita delle persone, da quello privato e familiare a quello lavorativo privato prima e pubblico dopo.

Brunetta ha di fatto riproposto queste cose convertendole in legge.

Ricordiamoci che l’intento originale degli studi non era quello di controllare la prestazione ma di facilitarla.

Sinteticamente, se diciamo alle persone:

“fai del tuo meglio”;

o se diciamo:

“fai così in questo modo”,

Cambia tutto.

Gli obiettivi non sono altro che una leva motivazionale estrinseca in previsione di una ricompensa.

Significa che per funzionare:

  1. bisogna desiderare la ricompensa;
  2. è necessario essere anche motivati intrinsecamente. Se il mio comportamento dipende solo da fattori esterni a me, la motivazione non sarà durevole;
  3. Devono essere ancorati alla competenza.

Pertanto, proviamo a capire come si possono definire obiettivi che funzionano sia per noi stessi, sia quando dobbiamo assegnarli ad altri.

La stessa logica si applica quando gli obiettivi li riceviamo.

OBIETTIVI SMART

Per ricordarne le caratteristiche adesso possiamo tenere a mente la parola SMART che diventa un acronimo.

  1. L’obiettivo deve essere SPECIFICO;

Ci possono essere obiettivi specifici ovunque ed in qualsiasi lavoro, anche all’anagrafe.

Non è specifico diventare più bello, più bravo o più intelligente.

È specifico dimagrire, imparare a nuotare o una lingua straniera.

Nel lavoro? Non lo so che lavoro fai. Nel mio lavoro potrebbe essere un obiettivo “curare i disturbi d’ansia”.

Siamo ancora alla caratteristica di specificità. Quindi il mio obiettivo non è curare disagi mentali. Troppo generico. Quali disagi mentali?

  1. L’obiettivo deve essere MISURABILE;

Dimagrire? Quanto? 10 chilogrammi. Tutto si può misurare. Se non si può misurare non è un obiettivo. Nel curare i disturbi d’ansia posso misurare se ce l’hai o non ce l’hai e a che intensità: da 10 attacchi di panico al giorno ad uno al mese;

  1. L’obiettivo deve essere ACCETTATO;

Accettato significa che deve essere legato in qualche modo alla motivazione intrinseca.

Legato ai nostri desideri.

Se mi dicono che per obiettivo devo chiamare le persone a casa e fargli almeno 3 contratti al giorno, potrò perseguirlo per un mese, ma se non è legato a qualcosa di piacevole o ai miei valori poi mollerò, soprattutto se non adeguatamente ricompensato nello sforzo e nel sacrificio;

  1. L’obiettivo deve essere RAGIONEVOLE – RAZIONALE;

L’obiettivo deve essere RAGGIUNGIBILE. È inutile che ci venga detto che dobbiamo diventare miliardari e i numeri uno. Non è razionale e se crediamo in queste cose, siamo magari pure scemi. Sono obiettivi assolutamente impossibili? No. Se pianificati razionalmente su condizioni e risorse razionali, va bene. Ma quante volte lo sono?

Non possono dirci di vendere 100 televisori al mese, se dove lavoriamo se ne sono venduti finora 10 l’anno.

Mi è venuto in mente un esperimento. Credo che l’abbia fatto McClelland.

Chiedeva alle persone: “tieni questo bastone, mettilo dove vuoi e poi centralo con questo anello. Qualcosa del genere. C’erano persone che lo piazzavano troppo vicino, persone che lo piazzano troppo lontano e persone che lo mettevano ad una distanza decente. Non ridicola, troppo vicina, ne troppo lontana.  Ecco, gli obiettivi devono essere razionali ma sfidanti.

L’obiettivo deve essere alla giusta distanza che ti permette di impegnarti e migliorarti decentemente

Pesi 100 chili? Ne devi perdere intanto 5. No 50.

Devi imparare l’inglese? non devi diventare madre lingua in tre settimane.  

E poi? Manca ancora la T.

  1. Gli obiettivi devono essere raggiunti in un TEMPO prestabilito.

Lo devi decidere prima in quanto tempo. Il tempo ottimizza e gestisce la motivazione.

5 chili non devi perderli in 10 anni ma magari in 3 mesi. Non lo so. Non sono un dietologo.

Grazie per essere arrivato fin qui.

Spero che questo contributo ti sia stato utile.

Se ti va, segui la pagina Facebook e iscriviti al canale youtube.

A me farebbe piacere.

O

Psicologo sociale e del lavoro, specialista in psicoterapia cognitiva e comportamentale. Si definisce uno "Psicologo Seriale".

Click to comment

You must be logged in to post a comment Login

Leave a Reply

Psicologia del lavoro

Fare il politico è un lavoro?

Perché fare il politico è un lavoro? Perché il politico si muove tra la passione e la corporazione?

Published

on

tra passione e corporazione

Un mio amico mi ha detto che fare il politico non è un lavoro.

Ovviamente lo è ma lui provava a convincermi del contrario.

Non mi ha convinto e ne vorrei parlare.

Prima di tutto ho preso atto del fatto che ci sono persone che credono che fare il politico non sia un lavoro.

Va bene.

Secondo, anche io ho riflettuto sul perché per me fosse scontato che un lavoro lo è, a tutti gli effetti e senza dubbio.

Parto dal presupposto che considero un lavoro, una qualsiasi attività individuale fatta con regolarità, supportata da competenze più o meno specifiche, in cambio di qualcosa, grazie al fatto che soddisfa bisogni personali e collettivi.

Quindi:

  1. Attività individuale che può essere più o meno organizzata in autonomia o in qualche forma cooperativa;
  2. Regolarità e quindi prevedibilità;
  3. Fondata su competenze; competenze che possono essere più o meno semplici o complesse. Di questo ne abbiamo parlato e ne riparleremo;
  4. Ricompensata, cioè non fatta per la gloria o con spirito di abnegazione e annullamento personale;
  5. Finalizzata al soddisfacimento di bisogni reciproci. Io lavoro perché così quel qualcosa che ho in cambio lo uso per soddisfare i miei bisogni; tu accetti il mio lavoro perché così soddisfi bisogni tuoi e per questo mi ricompensi.

Per questo motivo fare la casalinga non è un lavoro.

A mio avviso, già questo basterebbe per affermare che fare il politico è lavorare.

Perché quindi alcune persone non considerano fare il politico un lavoro?

Perché pensano che non sia fondato su competenze? Scherzo. Il politico fonda la sua prestazione su competenze. Sulla tipologia della competenza politica reale ne abbiamo parlato in questo video.

Allora, dove nasce l’equivoco? Sulla ricompensa rapportata alla prestazione e sulle modalità di rilascio? Ora noi possiamo continuare a ridere, ma in effetti potrebbe nascere anche da questo. Non è così ma potrebbe.

Siamo portati a credere che i politici guadagnino tantissimo. In realtà, i consiglieri dei piccoli comuni guadagnano 4 spicci in gettoni di presenza. è anche per questo che magari il livello di competenza è basso. Magari le persone che potrebbero offrire un contributo considerevole, sono lavorativamente affermate, hanno altre priorità e altre ambizioni e non si candidano nemmeno; Se si candidassero non vincerebbero lo stesso; ma questo è un altro discorso, come il fatto che si candidano e magari vincono.

In ogni caso è prevista una retribuzione formalizzata e questo basta al nostro ragionamento. Il politico eletto non presta attività di volontariato.  Fortunatamente ci sono persone che a prescindere dalla ricompensa si spendono sul territorio con adeguata motivazione e competenza.

Magari il senso di appartenenza alla comunità è così alto che la strada pulita conta quanto la parete imbiancata di casa propria.

Sono però convinto che molto più spesso, per molti, diventare consigliere comunale rappresenti il primo passo per aspirare ad una carriera ben più ambiziosa.

La possibilità di carriera è una caratteristica dei lavori organizzati e complessi. Significa che magari qualcuno bravo comincia da consigliere di quartiere proprio perché sa che quello è il primo passo sperando che un giorno diventi onorevole. Quanti ci diventano pochi.

Moralismi a parte, secondo me anche i consiglieri comunali dei piccoli comuni dovrebbero avere uno stipendio decente, fisso e con una parte ancorata alla prestazione: così forse aumenterebbe la qualità dei selezionabili, “dei candidati”.  Se i comuni sono piccoli? accorparli. Quanto piccoli? Non lo so.

Ecco, un’altra caratteristica che fa della politica un lavoro e che si viene scelti da chi ci paga.

E quindi? Perché l’amico mio dice che la politica non è un lavoro? E magari altri, magari anche tu, potresti essere d’accordo con lui?

Perché lui lo fa per passione. Di questo ne sono sicuro. Conosci il detto: “la passione non fa sudare o leva ogni fatica”? Chi lavora per passione non percepisce quello che fa come un lavoro ma lo carica di significati e rappresentazioni. Lui non partecipa ai consigli a muzzo, lo so e ne sono sicuro. Lui si prepara. Promuove iniziative di sua spontanea volontà e si impegna per realizzarle. Lo fa perché fare il politico gli piace proprio.

Lo fa per la gloria? Non credo. Lo farebbe gratis? Non credo nemmeno. Ma qui poesia non ne facciamo, è giusto essere pagati e pensare di poter fare carriera. è normale.

E allora? Perché è convinto che fare il politico non sia un lavoro? Lui dice: “è un incarico istituzionale” Che significa non lo so. Assecondando questa logica anche fare il carabiniere o l’insegnante non dovrebbe essere considerato un lavoro.

Come dicevamo, alcuni di noi sovraccaricano di valore il proprio lavoro a tal punto da farlo diventare estremamente identitario e motivato da spirito vocazionale. Tipo i “preti”. Ma no i preti di qualche secolo fa che facevano i preti sotto consiglio dei propri familiari: “senti qua, ho parlato col vescovo che è amico mio. Domani ti aspetta che ti fa diventare prete. Stipendio sicuro e bella vita. Il castello e i terreni vanno a tuo fratello”.

I preti di ora sono vero vocati e per questo è difficile trovarli. il prete non la fo più nessuno.

Cambieranno le regole, si potranno sposare e ci sarà di nuovo la fila.  

Ci sono persone che percepiscono il proprio lavoro come una vocazione, come una chiamata.

Quando si dice: “tu non fai il poliziotto. Tu sei uno sbirro dentro”. È esattamente questo.

Ho un cugino carabiniere che non fa il carabiniere perché c’è diventato per caso. Lui è un carabiniere sempre. Ha deciso di diventarlo. Ha pure sventato una rapina quando non era in servizio. Ad avercene carabinieri così. È sicuramente vocato.

E lo stesso è quest’amico, Lui è un politico sempre, ma non da propaganda: d’azione.

L’ultima delle mie intenzioni e fare l’elogio dei politici, quindi dove sta la fregatura; perché la fregatura per noi c’è e potrebbe essere anche bella grossa.

La politica tra passione e corporazione

La maggior parte di noi tende a considerare il proprio lavoro come il più importante tra i lavori. Ognuno di noi pensa che col proprio lavoro meriterebbe di sfondare e di diventare miliardario.

Alcuni lavoratori inoltre tendono a legarsi ad altri lavoratori che fanno lo stesso lavoro e a volte si associano formalmente.

Ogni associazione di lavoratori tenderà a far prevalere i propri valori e le proprie credenze circa ruoli, responsabilità e meriti della propria categoria.

Quando queste categorie diventano così forti da incidere sensibilmente sulla vita pubblica di una nazione e magari nell’equazione della reciprocità prevalgono eccessivamente gli interessi della categoria sottomettendo i bisogni di chi di quella categoria si serve, allora parliamo di lobby e corporazioni.

Ogni tanto parliamo di corporazione dei medici, degli avvocati e anche dei tassisti, potrebbero essercene tante.

Magari alcuni di questi lavoratori sono anche politici e quindi riescono ad assecondare meglio gli interessi della loro categoria di riferimento. Ci sono comunque politici che non lo sono e che contrastano questo conflitto di interessi.

La fregatura delle fregature però è che in ogni caso, tutti i politici, quando sono insieme, insieme sono tutti politici e quindi anche se per gli altri lavori possono divergere nel concordare le regole che non li riguardano; le loro regole se le scrivono da soli e di conseguenza possono pure scriversi che fare il politico è una missione spirituale voluta da Dio.

Esattamente come i faraoni dicevano di essere Dio e magari qualche faraone ci credeva davvero.

Continue Reading

Psicologia del lavoro

Gli psicologi nelle risorse umane

Qual è il contributo della psicologia nel settore delle risorse umane? Cosa fanno gli psicologi?

Published

on

Parliamone con Alessandro Ragusa

Continue Reading

Psicologia del lavoro

Le politiche attive del lavoro

cosa sono le politiche attive del lavoro? a che servono?

Published

on

tra aiutare le persone e costringerle a farsi aiutare

Continue Reading

Facebook


Iscriviti al Canale YouTube

Tendenza