Connect with us

Psicologia clinica

L’Invidia

cos’è l’invidia? perché siamo invidiosi? Come si riconosce, comprende, si accetta e si fronteggia l’invidia? A cosa serve l’invidia?

Published

on

Riconoscerla, comprenderla e accettarla

Sei mai stato invidioso o invidiosa?

Sai cos’è l’invidia?

Sai a cosa serve?

Ogni tanto al telegiornale sentiamo di crimini riconducibili in qualche modo all’invidia.

 Anche tu avrai sentito che l’invidia può mandare in galera la gente perché può contribuire a far fare le cose più assurde.

Quest’approfondimento mancava ancora eppure non è solo un approfondimento di psicologia generale, ma anche di psicologia clinica e sociale.

Praticamente le persone non si rivolgono allo psicologo per problemi di invidia anche se magari poi si scopre che proprio l’invidia è la causa del disagio. Perché l’invidia protratta nel tempo può generare problemi di ansia, di rabbia e al nostro umore.

Anche Oggi, mentre tornavo a casa ho visto una lambretta con la classica frase:

“la tua invidia è la mia fortuna”.

E allora ho pensato. Perché questo signore pensa che sono invidioso?

Perché non scrive: “se sei invidioso, io sarò fortunato?”.  Magari un po’ di dubbio non guasterebbe.

La scritta mi ha comunque invitato a chiedermi di provare a ricordare le volte in cui nella mia vita sono stato invidioso.

 Tutti nella vita proviamo invidia, esattamente come tutti proviamo ogni altra emozione. Dagli altri approfondimenti dovremmo ricordarci che la differenza sta nei modi e nell’intensità in cui proviamo l’emozione specifica, senza dimenticare che ogni emozione ha il suo scopo e la sua utilità.

Andando a ritroso, mi sono sforzato di farmi venire in mente l’ultima volta che sono stato invidioso e di chi. Non è stato facile e mi sono davvero sforzato.

Qualche anno fa, mia moglie gestiva un bed and breakfast e quando  mi confrontavo con i turisti e mi raccontavano come funzionava il mondo dalle loro parti non potevo fare a meno di invidiarli.

 L’invidia è quella sensazione spiacevole che ci avvisa che gli altri hanno qualcosa che noi non abbiamo e che desideriamo avere.

La possiamo provare nei confronti di gruppi di individui o direttamente su individui singoli. La possiamo provare nei confronti di persone a noi lontane o nei confronti di persone a noi vicine. Come ogni altra emozione può essere provata in modo normale, in modo più o meno normale e sano o in modo patologico.

In ogni caso:…

L’invidia è un’emozione sociale.

Non siamo invidiosi di qualcosa o per qualcosa ma di qualcuno o qualcuna.

Provare invidia è sicuramente una sensazione spiacevole e come per ogni sensazione spiacevole facciamo qualcosa per ridurre il dispiacere.

Come ogni altra emozione, anche l’invidia varia nell’intensità in cui si può provare, per la durata in cui persiste e per le volte che la proviamo in un dato lasso di tempo.

Quanto siamo invidiosi? Per quanto tempo? E quante volte in un mese?

L’invidia è un campanello d’allarme che ci avvisa di una situazione di svantaggio che si sta venendo a creare o che si è creata.

Ad esempio:

Il mio amico frequenta una donna Top, ed io no.

Sappiamo già che ogni sensazione spiacevole si può gestire in modo utile o in modo inutile: in modo costruttivo o in modo distruttivo.

Certe volte, quando guardo qualche film o vado in giro, becco gente in Harley.

Praticamente sono invidioso di gente che nemmeno conosco. Penso: “Bella moto, bella vita. Prima o poi me la compro”.

Ma come faccio ad invidiare persone che nemmeno conosco.

L’invidia si prova generalmente per persone a noi vicine che riescono dove noi falliamo o che hanno cose che vorremo.

Si può provare però anche per persone che non conosciamo.

Il rischio di provare invidia dannosa è maggiore quanto più la persona invidiata è vicina a noi o intima.

Come si esprime l’invidia? Perché esiste?

Ogni emozione esiste perché ci è servita, come genere umano, se non a migliorare la nostra condizione quanto meno a farci sopravvivere.

L’invidia è un piccolo campanello d’allarme utile a farci rendere conto che le cose potrebbero andare meglio o almeno essere desiderabili.

L’invidia può essere utile quando ci fa rendere conto che qualcosa sta andando storto e che potrebbe andare un poco meglio, almeno secondo noi e per quello che ci piace.

Come ci approcciamo all’invidia fa la differenza, soprattutto nella nostra vita.

Ad esempio, se mio fratello si compra un’Harley e comincia a girare il mondo, io potrei pensare e fare due cose completamente diverse tra loro e con risultati opposti.

In ogni caso lo scopo sarebbe lo stesso: ridurre la mia invidia.

Se il mio disagio mi facesse pensare: “maledetto si è comprato l’Harley. lui si, e non se la merita. Io che me la merito invece non posso perché ho sempre spese impreviste. Sono sfigato e lui è fortunato”.

Un pensiero del genere, nell’immediato, riduce la mia invidia. Questo tipo di pensiero, autoconsolatorio, è molto usato quando le persone provano invidia. Peccato che non serve a molto. Nell’immediato funziona ma nel lungo termine può degenerare in comportamenti negativi ed inutili. Inutili perché non ci farebbero avere la moto o addirittura potrebbero metterci nei guai se per ridurla ci fa dare fuoco alla moto di mio fratello.

Andiamo con ordine:

 Una tipica strategia cognitiva di gestione dell’invidia è il pensiero che sminuisce: “con tutte le Harley che ci sono, si è comprata proprio quella che fa schifo”.

Altra tattica è comprare una moto più accessibile e proviamo ad autoconvincerci che ci piace razionalmente di più perché consuma meno.

Poi passiamo ai comportamenti lesivi della proprietà o della reputazione.

“Stanotte vedo dove ha posteggiato e gliela graffio e domani appena vedo l’amico mio che mi chiede come ha fatto mio fratello a comprarsi la moto che volevo, gli dico che è stato raccomandato da un amico suo dal concessionario che praticamente gliel’ha data a prezzo di costo che ci ha rimesso e che tanto nemmeno la può pagare e fra poco se la rivende”.

I pensieri ed i comportamenti descritti sopra sono tutti utilissimi a ridurre l’invidia ma purtroppo sono concretamente inutili nel migliorare la nostra reale condizione.

Crediamo di stare meglio perché facciamo stare gli altri peggio.

 Questi comportamenti Non mi faranno avere un’Harley. E non solo questo. Sicuramente rovineranno il rapporto con mio fratello che sicuramente è più importante di una moto. E da qui la rabbia diventa tristezza e senso di colpa.

Allora come potrei fare a gestire la mia invidia? Prima di tutto evitare di svalutare mio fratello raccontandomi sciocchezze nel cervello.

“se mio fratello si compra la moto e perché se la merita e lavora tutto il giorno”.

Prima di tutto potremmo cominciare a capire come fare a comprarcela pure noi.

Sicuramente, nell’immediato non abbasseremo la nostra invidia come negli altri modi, ma con un po’ di impegno in più potremo anche noi avere la nostra moto e se nella peggiore delle ipotesi una moto non l’avremo mai: “pazienza”.

In questo modo,

la stessa emozione si esprime, cresce ed esita in modi completamente diversi.

Capire questa differenza è fondamentale. Come ogni emozione, anche…

 l’invidia ha la sua funzione biologica evolutiva, sta a noi capire come ottimizzarla per migliorare la nostra vita oppure peggiorarla.

Ho fatto vedere il video sopra a mia moglie e ha fatto due osservazioni:

  • “Vabbè, potrebbe capitare che a 50 anni invidi le ventenni”.

Certo, potrebbe capitare. Ma quella, più che invidia potrebbe essere malinconia. L’umore si abbassa piacevolmente perché ci si ricorda di quando si era giovani.

Potrebbe essere invidia malevola, distruttiva e denigratoria quando magari a 50 anni si criticano le ventenni per quello che fanno solo perché non ci si è goduti i propri 20 anni.

  • “Vabbè, e se magari hai un nasone e guardi una con un bel naso pensando che lo vorresti tu?”

Premesso che ognuno di noi può pensare tutto quello che vuole, sta a noi poi capire se quello che pensiamo ci fa stare meglio o ci fa stare peggio e magari decidere di intervenire in modo intelligente.

In ogni caso…

 la vita di ognuno di noi ha pezzi di insoddisfazione, delusione e spiacevolezza.

Alcune volte il disagio si accetta e basta. Quando si accetta davvero le cose piano piano passano soprattutto se cominciamo a scoprire nuovi interessi e piaceri.

Se il “naso” è davvero importante perché altrimenti non riesci a vivere la vita che desideri, non devi rompere il naso di un’altra ma devi rifarti il tuo.

Come ho scritto sopra l’invidia per gli altri è un piccolo campanello d’allarme, il problema non sono però gli altri, il problema è cosa siamo capaci di fare noi e ogni tanto è solo una questione di fortuna. Accettiamo anche questo.

In sintesi:

Riconoscere e accettare la nostra invidia ci permette di agire comportamenti che migliorano la nostra qualità della vita.

Psicologo sociale e del lavoro, specialista in psicoterapia cognitiva e comportamentale. Si definisce uno "Psicologo Seriale".

Psicologia clinica

Noia, Angoscia e Disperazione

Cos’è la noia? Cos’è l’angoscia? Cos’è la disperazione? Perchè la noia può determinare un angosciante senso di vuoto?

Published

on

Scusatemi. Mi dispiace. La settimana scorsa non sono riuscito a pubblicare il contributo settimanale. Sono un po’ incasinato e ho poco tempo.

Mi sono però venute in mente alcune cose:

 Noi siamo fatti per fare cose.

Gli esseri umani devono fare cose.

 È la nostra natura. Non siamo più scimmie che amano stare sugli alberi a masticare foglie. Non ci possiamo fare niente. È vero che quando abbiamo troppe cose da fare, ci stanchiamo e magari diventiamo stressati e insofferenti, ma è anche vero che quando non abbiamo niente da fare per un bel po’ soffriamo di più: soprattutto se ci sentiamo anche soli.

Da sempre le persone, all’interno delle loro comunità sono sempre state abbastanza impegnate. Il tempo per dormire non è mai stato abbastanza. C’era sempre qualcuno che doveva andare al fiume a lavare i panni, qualcuno che doveva riparare il tetto di paglia e qualcun altro che doveva attraversare la foresta per portare buone o brutte notizie. Praticamente l’evoluzione sociale ha portato l’umanità a capire come fare meno cose per stancarsi di meno e per questo certe volte i figli non sono mai stati abbastanza. Forza lavoro semplice da mandare o a zappare o in guerra.  Ora, dopo 200mila anni di storia ci è quasi riuscita. Ma qui viene il bello. Perché se abbiamo sempre lottato per farci sfruttare il meno possibile, adesso il problema è opposto, nessuno sembra volerci più sfruttare e stiamo diventando praticamente inutili.

la cosa ancora più brutta è che se non abbiamo niente da fare ma gli altri invece qualcosa sembrano farla, è ancora peggio, perché siamo anche soli.

L’altra volta ero in macchina e alla radio passa una canzone, che fa così:

“ti ricordi quell’estate, in modo anche se pioveva, e poi se tornerai, riconquisteremo il mondo”.

Lo so, è una canzone degli 883, ma mi sono commosso lo stesso. Che ci posso fare.

Mi era tornato in mente un mio carissimo amico che non so per quale motivo non frequento più. Cioè, credo che ad un certo punto della sua vita abbia deciso che non c’era più motivo di frequentarci. Non abbiamo mai litigato.

E poi una dietro l’altra ho pensato a tutte quelle persone che ci hanno lasciato, anche io avevo nonni fantastici. Insomma, ho pensato a tutte quelle persone che ogni tanto la loro assenza ci fa sentire un po’ più soli.

Nessuna attività da fare + nessuna persona da incontrare = CATASTROFE.

Ti capita? Certo che ti capita.

Ed è un problema.

Questa volta vorrei parlare di questa cosa.

Ok, la conosci le passanti di Fabrizio de Andrè? No, non la conosci.

Immagini care per qualche istante
Sarete presto una folla distante
Scavalcate da un ricordo più vicino
Per poco che la felicità ritorni
È molto raro che ci si ricordi
Degli episodi del cammino

Ma se la vita smette di aiutarti
È più difficile dimenticarti
Di quelle felicità intraviste
Dei baci che non si è osato dare
Delle occasioni lasciate ad aspettare
Degli occhi mai più rivisti

In queste due strofe c’è praticamente tutto. Il passato, con tutta la sua malinconia, lascia piacevolezza. Tristezza piacevole.

Non è il passato che condiziona il nostro stato emotivo presente, ma è il nostro presente che condiziona il nostro stato emotivo presente. È la spiacevolezza del presente che ci fa idealizzare il passato.

Ti ricordi quando ci siamo raccontati che lo stress è uno stato di tensione emotiva?

Ogni volta che abbiamo qualcosa da fare, perché la dobbiamo fare, siamo più o meno stressati in modo piacevole o spiacevole. Tutto quello che facciamo serve a riportarci ad un sopportabile o piacevole equilibrio emotivo. Giusto? Giusto.

Cosa succede quando non abbiamo niente da fare?

Ci annoiamo.

 La noia non è altro che uno stato personale totalmente privo di ogni tipo di tensione emotiva. Sei, triste? No. Sei Felice? No. Sei arrabbiato? No. Hai paura? No. Perfetto. Sei annoiato.

La noia è anche bella. Hai in mente quando facciamo qualcosa di importante? O raggiungiamo un obiettivo significativo? Bene. Dopo la gratificazione iniziale, quella che segue è una fase di noia. Bellissimo. Quello stato in cui tutto sembra non avere importanza. Siamo soddisfatti e ci godiamo il bel niente. Magari mettiamo un disco che non mettevamo da un bel po’ perché non avevamo neanche il tempo di pensare che l’avevamo ancora.

Bellissimo.

Ma che succede quando questo stato di noia è eccessivamente prolungato?

Cominciamo ad avvertire il vuoto.

Il vuoto emotivo non è altro che uno stato prolungato di noia. Uno stato in cui non solo non facciamo niente, ma non abbiamo un piano, un programma, delle aspettative. Mamma mia.

Bruttissimo.

La fregatura delle fregature è che il vuoto può diventare angoscia e l’angoscia  è devastante.

L’angoscia è quel peso insostenibile fatto di vuoto, disperazione e ansia.

Una tristezza profonda determinata dalla sensazione di non avere niente, nemmeno la speranza.

 E l’ansia determinata dalla sensazione di non avere possibilità o capacità di poterne uscire fuori.

E quindi che si fa. Come che si fa. Non ci stiamo cominciando a capire?

Fai qualcosa. Cosa? Qualsiasi cosa mannaggia. Non lo sai? Lo so.

Almeno comincia a pensarci.

Serve un piano.

Anche perché il rischio è che la fase successiva sia cominciare a pensare al suicidio e poi cominciare seriamente a prenderlo in considerazione. Cioè il suicidio sembra una via d’uscita e paradossalmente il piano per la nostra vita diventa pianificarne la fine. Non scherziamo.

Hai mai avuto il commodore 64? Io si. Ogni tanto mi ricordo quanto era bella giocare col commodore, ma diciamoci la verità i giochi facevano schifo. Erano bellissimi ma rispetto a quelli di ora, facevano schifo. Cioè solo chi non si gode la realtà continua a credere che era meglio prima.

Io i nonni non li ho più però quando guardo i miei figli con i miei genitori mi rendo conto che sono tornati.

Continue Reading

Generale

La psicoterapia cognitiva comportamentale non cura “solo il sintomo”

la psicoterapia cognitivo comportamentale non cura solo il sintomo. Questo pregiudizio nasce in contrapposizione agli altri modelli che…

Published

on

La terapia cognitiva comportamentale cura solo il sintomo?

Che vuol dire curare il sintomo?

L’altra volta un mio amico mi ha detto: “Sto cercando uno psicologo però non vorrei andare da un cognitivo comportamentale perché non ho un disturbo specifico, quindi non ho sintomi da curare. Mi piacerebbe di più parlare”.

Qualcosa di simile, il senso era questo.

Ma parlare di cosa del senso della vita? Dell’origine dell’universo?

Non credo.

Chi va dallo psicologo vuole risolvere il proprio disagio emotivo.

Se mi fa male una gamba e vado dal dottore, mica gli dico: “guarda, della gamba non mi interessa poi così tanto. Vorrei parlare dei sacramenti. Tu che ne pensi”.

Quindi,

 dallo psicologo ci vanno le persone che vivono un disagio emotivo più o meno complesso, più o meno intenso e più o meno prolungato nel tempo.

Sulla psicologia e sugli psicologi ci sono tanti pregiudizi e tanti stereotipi, questo è uno dei tanti ed in particolare si rivolge agli psicologi psicoterapeuti specialisti in terapia cognitiva comportamentale.

Vorrei approfittarne per chiarire alcune cose.

La terapia cognitiva comportamentale non cura i sintomi ma la persona nella sua totalità.

La credenza che la psicoterapia cognitiva comportamentale si concentrasse eccessivamente nella cura del “sintomo” si è diffusa in contrapposizione alle cosiddette terapie del profondo, tipo la psicanalisi.

Ci sono stati anni in cui i modelli psicoterapeutici erano in forte contrasto ed anche in competizione tra loro.

Tra le fazioni i cognitivisti accusavano gli psicoanalisti di perdersi in chiacchiere con la scusa di fare terapie inconcludenti che duravano secoli ma che loro definivano necessarie per curare davvero la persona in tutta la sua complessità e profondità;

e gli psicoanalisti accusavano i cognitivisti o comportamentisti di fare terapie eccessivamente concentrate sui sintomi che funzionavano all’inizio ma che poi alla lunga la malattia sarebbe ricomparsa.

Da parte mia posso dire e confermare che il fatto che la terapia cognitiva comportamentale si preoccupa di curare solo il sintomo è assolutamente falso, oltre che farlo sarebbe inutile.

Credo che tutti i modelli psicoterapeutici ormai si approccino alla persona in quanto tale.

il “sintomo”, rappresenta il problema attivo presentato dal cliente paziente ed esprime la difficoltà, la criticità che si vorrebbe approfondire e risolvere.

Per esempio, non serve che la persona dica: “sono depresso e penso di volermi suicidare tanto tutto è inutile”, per identificare 2 sintomi: Umore basso e assenza di speranza. Il solo fatto di dire: “sono insoddisfatto, penso che mi manchi qualcosa ma non so esattamente cosa”, frase che ogni tanto potremmo pensare e dire tutti” è di per sé sintomatica perché esprime un disagio emotivo. Un disagio emotivo che può essere semplice e lineare o complesso e strutturato ed è da queste prime dichiarazioni che bisogna approfondirne origine e complessità.

Quello che dico sempre è: “cominciamo a raccontarci le cose più facili ed ovvie e poi se non dovesse bastare, approfondiremo senza cadere in facili e magiche interpretazioni.

Esattamente come ispira il principio del rasoio di Occam che alla fine è il principio che orienta la scienza.

Ne hai mai sentito parlare? Te lo racconto brevemente. Ce ne sono mille versioni ma sinteticamente la storia è questa: una volta un signore ha trovato un oggetto dalla forma strana durante degli scavi archeologici  e allora tutti gli archeologici, storici e filosofi del mondo si sono riuniti per capire cos’era. Qualcuno diceva è uno strumento di misurazione del tempo, qualcun altro addirittura diceva che serviva ad aprire un portale extra dimensionale per gli alieni. Alla fine, ad un certo punto uno dice: “Signori, è un rasoio. Rilassatevi. Questa pietra prima era affilata e la usavano per farsi la barba”.

Posso confermare che “il profondo” se necessario, è approfondito pure dai comportamentisti, nel momento in cui fanno un’analisi e una valutazione delle esperienze di vita precoci che se particolarmente spiacevoli, hanno potuto predisporre, determinare e condizionare negativamente la crescita della persona.

In ogni caso,

smettiamola di cadere nel tranello fomentato ultimamente pure dai vari counselor e coach che dicono che dallo psicologo ci vanno quelli che hanno un disturbo psicologico preciso mentre da loro ci vanno quelli che vogliono parlare di come diventare campioni ricchi e forti.

 A parte che non sarebbero capaci di riconoscere chi ha un disturbo psichiatrico da chi non ce l’ha, queste persone giocano a fare gli psicologi esercitando abusivamente la professione.

Ma va bene così, andiamo dove vogliamo. Sono secoli che nella maggior parte dei casi basta andare dal prete o nei casi peggiori dal barbiere.

Continue Reading

Psicologia clinica

La Gelosia

Cos’è la gelosia? perché può essere pericolosa? Come si riconosce la gelosia? Come si gestisce e si controlla la gelosia?

Published

on

A proposito di Gelosia…

Come per le altre emozioni, proviamo a vederci più chiaro.

Cos’è la gelosia? Come funziona? Come la gestiamo?

Sicuramente non sarò esaustivo, non è possibile esserlo in questo modo, ma spero almeno di essere un po’ utile.

Se hai letto gli altri contributi, dovresti sapere che l’attivazione emotiva dipende da come interpretiamo quello che sta succedendo.

Ogni volta che succede qualcosa, la nostra mente osserva, interpreta e giudica. Lo fa continuamente. Se qualcosa per la nostra mente è rilevante, allora attiva l’emozione che ritiene più opportuna. Così facendo, la nostra attenzione selettiva viene coinvolta ed agiamo nel modo che a nostro avviso ci riporterà alla serenità.

D’altra parte,

ogni nostro comportamento potrebbe essere un piano finalizzato all’equilibrio emotivo.

  • Ho paura dei cani? L’ansia va su. Entro in macchina? L’ansia va giù.
  • Mi sorpassi da destra? La rabbia va su. Ti grido contro? La rabbia va giù.

Ansia e rabbia sono emozioni semplici ed elementari.

Se non l’hai già fatto, potresti leggere cosa sono ansia e rabbia perché la gelosia è complessa e composta prevalentemente da queste due emozioni.

La Gelosia si compone di Ansia, rabbia e una relazione sociale romantica, amicale, familiare, lavorativa, ….

Se l’ansia ci mette in allarme circa una probabile minaccia dalla quale dobbiamo difenderci, la rabbia è la più automatica strategia di difesa.

Quando pensiamo che potremmo essere feriti e quindi crediamo di poter vivere una situazione di pericolo possiamo adottare prevalentemente tre strategie. Non reagire-scappare, reagire male o reagire bene.

Quando non reagiamo, perché pensiamo che tanto sarebbe inutile tanto non avremmo scampo, allora cominciamo a diventare tristi rassegnandoci all’inevitabile perdita.

Se invece scegliamo di reagire uno dei modi per farlo male è quello di attaccare.

Ci arrabbiamo quando pensiamo che una regola che per noi è importante è stata infranta e soprattutto se a causa di questa violazione stiamo perdendo una cosa importante.

  • Mi superi a destra. Non si fa. Potevo farmi male. Ti inseguo gridando perché devo illudermi di poterti ferire (rabbia).

Adesso sono sicuro che stai cominciando a capire cos’è la gelosia.

  • Tu sei mia. Quello che fai non si fa. In questo modo potrei perderti. Devo difendermi. (Ansia+Rabbia).
  • hai salutato a quello? Quello ti vuole. Non dovevi parlargli tutto sto tempo. Io non do la colpa a quello. Io do la colpa a te. Sei una XXX.

Nel “geloso”, non bisogna inoltre trascurare una certa insicurezza e sensazione di vulnerabilità trascurata e non del tutto consapevole.

“Se tu sei mia, ma posso perderti è perché probabilmente io non sono abbastanza forte da saperti conservare”.

Come ogni altra emozione, anche la gelosia agisce su vari livelli. Può andare dal semplice fastidio e dalla semplice irritazione che al massimo ci fa mettere il broncio per un po’, alla sensazione di disperazione più estrema con ira funesta che distrugge tutto ciò che di più caro abbiamo vicino solo per avere quell’effimero ma potentissimo sollievo immediato. Le conseguenze dopo quel sollievo le conosciamo tutti.

La catena comportamentale potrebbe essere questa:

  1. Regola fortissima. Rigida doverizzazione.
  2. Frustrazione
  3. Catastrofizzazione
  4. Giudizio

Ad esempio: Tu devi fare così, così e così. Invece fai questo, questo e questo. (REGOLE); Perché se non fai così io non lo sopporto e non posso sopportarlo (FRUSTRAZIONE); In questo modo tutto sarà un disastro più totale ed un casino assoluto (CATASTROFIZZAZIONE); In questo modo tu sei una XXXXXX ed io faccio la figura del XXXXXXXX (GIUDIZIO); Tutto questo non posso accettarlo e lo impedirò.

La gelosia è strana perché spesso ci fa amare la stessa cosa che ci spaventa.

Altre volte si riversa su altre: amo te ma sono geloso di Y.

Tutto quello che ci siamo detti, naturalmente non riguarda solo gli uomini.

Riconoscere le proprie emozioni, i propri pensieri ed i propri comportamenti anche in questo caso è quindi necessario per ritrovare una maggiore e più adeguata serenità.

Sò che la gelosia non si esaurisce in queste poche righe. Per me era solo importante riuscire a definire in confini dentro il quale la gelosia si muove.

Approfondimento col video seguente (GELOSIA 2)

Continue Reading

Facebook


Iscriviti al Canale YouTube

Tendenza